giovedì 4 maggio 2017

Appunti di Giappone - 2


Derby in Giappone
Sabato 15 aprile si è disputato il derby Inter-Milan ad un'ora inusuale (12:30), per catturare l'enorme potenziale audience del mercato asiatico. Il mio sanguinante cuore rossonero mi implora di vedere la partita in diretta, approfittando anche del comodo orario (ore 19:30 locali), e su suggerimento del tipo dell'ostello mi fiondo allo Shooters Sports Bar di Nagoya.
Entro alle 19:30 spaccate, ed apprezzo il numero di maxischermi che proiettano differenti eventi sportivi: baseball, sumo, motociclismo... ma nessuna partita di calcio (in realtà ho scoperto che in Giappone il calcio non è molto seguito (il loro sport nazionale è il baseball), men che meno quello italiano).
Chiedo al ragazzo all'ingresso (che parla un ottimo inglese) se per caso potevano trasmettere una “...importantissima partita del campionato italiano di calcio, con ben 2 giocatori giapponesi ((Honda nel Milan, Nagatomo nell'Inter)...”
Il tipo fa una faccia schifata, dice che sul satellite non trasmettono la serie A, ma che provava a verificare su internet, lasciandomi così un lumicino di speranza. Inizia ad attaccarsi al web, con me appollaiato alle sue spalle modello avvoltoio; va su un sito ed apre un elenco infinito di eventi sportivi che inizia a scorrere... ad un certo punto appare Internazionale - AC Milan, ma ho l'impressione che il giapponese non se ne accorga.
Eccitatissimo inizio a saltellare ed ad urlare: “Fermo! Stop! L'ho vista! Torna indietro!! Torna indietro!!!”
Il tipo sorride, mi guarda e dice: "yeah, I've got it: take it easy, man..."
Take it easy”, una espressione che mi è sempre piaciuta tantissimo, come se fosse un mantra o una formula magica: ed infatti, come per magia la partita appare su uno dei televisori dietro al bancone. Ringrazio il ragazzo e mi fiondo al bancone, ordino da bere, ed inizio a guardarmi la partita.
Alla fine del primo tempo siamo sotto 2-0. Sono talmente depresso che arrivo addirittura ad ordinare una pizza (in Giappone!!!) che masochisticamente mi mangio pure, trasformando quella che potrebbe essere una penitenza (“se perdiamo il derby, mi mangio una pizza giapponese”) in una scaramantica cena (“magari se mi mangio una pizza giapponese, pareggiamo...).
E il sortilegio funziona!
A tempo abbondantissimamente scaduto agguantiamo il 2-2 con un gollonzo!!
Libidine!!!
Sono al settimo cielo!!!! ...letteralmente al settimo cielo: infatti mi trovo ad essere più in alto di quello che dovrei...
Ops... spinto dall'entusiasmo sono salito in piedi sullo sgabello per esultare, sotto lo sguardo esterrefatto degli altri avventori (tutti giapponesi): pensano che sia stata la seconda birra a darmi alla testa, non il secondo gol... ma come può un nipponico, che definisce sport 2 ciccioni in tanga che si menano, comprendere l'eccitazione di un derby della madunina recuperato in extremis?!?
Take it easy, interista...



Goldrake
Una sera chiacchierando con una coppia di giapponesi intorno ai 40 anni, mi domandando come mai ho scelto il Giappone per questo viaggio.
Gia, come mai?!? La risposta sarebbe contorta: tutto nasce 10 anni fa in Nuova Zelanda quando ho incontrato un ragazzo ceko che stava viaggiando in giro per il mondo in autostop (infatti l'ho conosciuto dandogli un passaggio), e che era stato da poco in Giappone. Ora, non chiedetemi come abbia fatto ad arrivare in autostop dalla terra del sol levante a quella dei kiwi... sta di fatto che era talmente entusiasta di quel Paese, ed in particolare dell'isola più settentrionale (Hokkaido), che mi ha fatto venire voglia di visitarlo anche a me. Voglia che è rimasta in incubazione per ben 2 lustri...
Ma torniamo alla domanda fattami dai 2 tipi: non mi andava di raccontare in inglese la storiella che ho appena descritto, e quindi improvviso una risposta (...ahimè, rimango un consulente inside...) che sono convinto li farà sorridere:
“Perchè da bambino il mio eroe preferito era giapponese...”
Chi era?
“GOLDRAKE...”
Chi?!?
“...Goldrake... dai, il cartone animato degli ufo-robot...”
Boh??? (sguardo interrogativo dei 2...)
“Ah, ma forse qui in patria aveva un nome differente...”
Al che vado su Google e mostro ai 2 alcune immagini del mio eroe... Niente!
“Ma no, dai... l'hanno creato qui in Giappone a metà anni 70, non potere non conoscerlo...”
Sempre da Google tiro giù la sigla originale del cartoon (in giapponese, almeno questo me lo confermano: già temevo che in realtà Ufo-Robot fosse cinese... passi il Milan, ma Goldrake no, eh!!!), ma ancora una volta li vedo scuotere la testa...
Al che, scherzosamente, esplodo:
“MA CHE GENTE SIETE?!? NON CONOSCETE LE VOSTRE ORIGINI? I VOSTRI EROI?? LA VOSTRA CULTURA?!?
VERGOGNATEVI!!!”

Povero Goldrake: nemo propheta in patria...




Shin-Hotaka
Shin-Hotaka è famosa per le terme; e per la funivia, che arriva a 2150 metri di altitudine: da qui (avevo letto) è poi possibile salire ulteriormente con una camminata che ti porta in circa mezz'ora ad un rifugio.
Quindi il programma della giornata è il seguente: salita in funivia; passeggiata fino al rifugio; foto di rito; passeggiata di rientro alla stazione della funivia; discesa a valle; terme.
Tutto bello sulla carta, ma non ho tenuto in considerazione che in questa stagione qui fa ancora freddo, soprattutto a quelle altezze...
All'uscita dalla teleferica vengo accolto da una temperatura prossima allo “0”, da nuvole minacciose e soprattutto da tanta, tanta neve...
Intorno alla stazione hanno addirittura scavato delle trincee, in modo da rendere più agevole la camminata di chi vuole fare un giro breve; ma tutto si riduce a poche centinaia di metri: se si vuole raggiungere il rifugio, la neve non è stata battuta sul sentiero che si inerpica in mezzo al bosco, fortunatamente ben segnalato.
Non ho una attrezzatura adatta, però mi avventuro ugualmente verso il rifugio, confidando nella compattezza del manto nevoso, e nel fatto di non essere un peso massimo. Mezzoretta di camminata, e che sarà mai...
Dopo poco realizzo che la stima di 30 minuti si riferisce al periodo estivo, quando la neve è ormai sciolta. Soprattutto il sentiero è molto ripido, e quindi il mio problema non è tanto affondare nella neve, quanto scivolare (ho delle normali scarpe da trekking, senza ramponi nè bastoncini). Cosa che ogni tanto avviene, ma io testardamente ogni volta mi rialzo e proseguo nella mia via crucis (la “croce” è rappresentata dal fatto che anziché in uno zaino, ho messo la reflex in una borsa a tracolla, cosa che complica ulteriormente la situazione quando perdo l'equilibrio). Ma mentre proseguo l'ascesa, mi domando come sarà il ritorno, con questa discesa ripida e scarpe poco adatte...
Intanto comincia a nevicare: Fantozzi è un dilettante al mio confronto...
Finalmente arrivo alla capanna: non faccio neanche una foto, tanto è tutto bianco causa nuvole e nevischio.
Torno indietro, e appena la pendenza si fa un po' impegnativa, scivolo...
Mi rialzo, faccio tre passi e scivolo di nuovo; ancora in piedi, e poco dopo ancora col culo per terra...
Al momento è uno dei giorni più brutti della mia vita...
...già, ma chi me lo fa fare di camminare anche in discesa?!?
Il colpo di genio: tiro fuori dalla borsa l'asciugamano che in teoria mi sarebbe dovuto servire per le terme, me lo metto sotto il sedere e via! Eccomi a cavallo di una slitta di cotone, slalomeggiando a folle (…) velocità tra gli alberi.
In questo momento sono un bambino (di 47 anni) felice: mi sento come Ghedina quando ha fatto la spaccata sulla Streif, come Valentino Rossi quando affronta il cavatappi a Laguna Seca, come AlaDrino sul tappeto volante...
Ma che bello è quando c'è TANTA neve?!? Bello vero... 😊


Navigatore GPS
La sapete quella dell'italiano, del tedesco e dell'inglese?
Si?
E quella dell'italiano e del navigatore GPS giapponese?
No?!? Allora ve la racconto...

Un italiano in Giappone noleggia l'auto per 2 settimane per esplorare al meglio l'isola di Hokkaido. L'auto è dotata di navigatore satellitare con, vivaddio, comandi e voce in inglese.
Ora, non aspettatevi TomTom, Garmin, Google Map o cose del genere.
È un navigatore GIAPPONESE: quando imposta un percorso, è QUELLO! Non sono previste deviazioni, modifiche o ripensamenti.
Figuriamoci se a guidare è un italiano che, quando sale in macchina tendenzialmente non sa di preciso dove andare; quando ha una meta in testa, è probabile che alla fine non la raggiunga perchè ha cambiato idea n-volte; e comunque quando è alla guida, è il re dell'improvvisazione, perchè di colpo rapito da quello che potrebbe essere un ottimo soggetto da fotografare.
Il povero GPS nipponico è messo a dura prova, soprattutto perchè, ad esempio, non concepisce l'inversione a U: secondo lui, è possibile invertire la direzione di marcia solo quando davanti sono presenti 4 strade che formano un quadrilatero, e di conseguenza 4 curve consecutive da fare (3 in una direzione, e l'ultima in quella opposta). Fossero anche fra 55 km... Manco l'optimizer di APO (i sappisti capiranno...).
Insomma: un rapporto difficile fra i 2, che spesso arriva a brutali insulti in italiano da parte del guidatore; la situazione a volte è degenerata, con il “Nissan” (chiamiamolo così...) che un paio di volte è passato al giapponese (giuro...), e l'italiano che prontamente ha risposto con la lingua da lui conosciuta più simile a quella nipponica: il dialetto pugliese...
(Apro una parentesi: in metrò a Tokyo ho chiuso gli occhi mentre ascoltavo un gruppo di persone che parlava animatamente fra di loro: mi sembrava di ascoltare un film di Lino Banfi...)
Quindi, quando il Nissan passava al giapponese, l'altro replicava come Cassano incazzato con l'arbitro perchè è stato appena espulso...

Povero navigatore: sono sicuro che appena riconsegno l'auto, farà harakiri

martedì 11 aprile 2017

Appunti di Giappone

Ramen
Alla partenza per il Giappone avevo deciso che, anziché a Tokyo, avrei trascorso i primi 2 giorni in un posto più tranquillo (Kawaguchiko, alle pendici del monte Fuji), in modo da smaltire il fuso orario in un luogo meno frenetico.
Quindi arrivato in aeroporto mi reco ad una delle numerosissime stazioni della capitale nipponica, e prendo un autobus che prolunga ulteriormente la mia trasferta di un paio di ore.
Giuntoto in ostello, il tempo di una meritatissima doccia ed è già ora di cena; parte la domanda di rito verso il tipo della reception: “dove mi consigli di andare a mangiare”?
Risposta (molto apprezzata): in un posto tipico: un Ramen!
Mi fornisce di una piantina per arrivarci, e, dato che in questo locale non parlano inglese e il menù è solo in giapponese e senza foto, addirittura di un biglietto con scritto in giapponese quello che abbiamo stabilito dovrei ordinare (un paio di piatti).
Seguo fedelmente le indicazioni della mappa ed arrivo in una posto con un ingresso a vetrate trasparenti abbastanza anonimo, dove però da lontano noto un certo via-vai di gente che sale e scenda dal primo piano.
Quando giungo davanti all'ingresso non c'è nessuno; entro fiducioso, tolgo le scarpe (tipica tradizione orientale) e metto un paio di pantofole che prendo tra le decine sparse ai piedi delle scale. Salgo e seguo delle voci che mi portano in fondo al corridoio: apro la porta e... mi trovo di fronte ad una classica famiglia a tavola davanti alla TV, in quella che palesemente è la loro abitazione, e non un ristorante...
Quattro teste (ed 8 relativi occhi) distolgono la loro attenzione dalla televisione e dal piatto e la rivolgono verso il sottoscritto...
...“Ehm... Ramen?!?”
Mi fanno segno di no (nessuno di loro parla una parola di inglese) e con estrema pazienza a gesti mi spiegano come raggiungere il posto, incuranti del fatto che un estraneo (per di più straniero) si sia introdotto in casa loro, abbia preso un paio di loro ciabatte (anzi, forse hanno apprezzato il gesto...) e si stia aggirando per le loro stanze. Fosse successo in una villetta in Brianza, a quest'ora sarei sui giornali con un foro di proiettile nella schiena...
Chiedo umilmente scusa, ringrazio per le preziose indicazioni, e mi reco sulla retta(?) via.
Effettivamente dopo pochi minuti arrivo in un locale che riporta l'insegna “Ramen”. E vai...
Entro, faccio segno che sono da solo, mi indicano dove sedermi, e quando arriva la cameriera per l'ordinazione, tiro fuori trionfalmente il mio biglietto scritto in giapponese. La tipa lo guarda, a sua volta tira fuori un menù in inglese con tanto di foto, e mi fa capire che una delle 2 cose scritte sul mio pizzino non è nel menù. Scelgo una alternativa indicando una immagine che mi ispira, e mi domando come mai il tipo dell'ostello non fosse aggiornato sul fatto che:
  1. uno dei piatti da lui consigliati non è presente
  2. anche se non parlano inglese, qui hanno il menù con foto e didascalie in un alfabeto a me familiare
...poi capisco: quello NON è il Ramen, consigliatomi, ma un altro locale, decisamente più “turistico”.
Vebbè, sono stato capace di sbagliare ristorante in Italia, figuriamoci se non può capitare nel paese del sol levante! Fortunatamente, rispetto al precedente italiano, il conto non è stato altrettanto salato...


Tokyo1
In Giapponese guidano a sinistra. La cosa non è una novità per me: ho già viaggiato in paesi con questo “difetto”: Irlanda, Nuova Zelanda, Sudafrica...
Per la prima volta, però, mi trovo a camminare per un città estremamente popolosa e frenetica (Tokyo), dove anche i pedoni “tengono la sinistra” (sui marciapiedi, nei musei, sulle scale mobili, etc...), e, vista la muraglia di gente che si sposta a piedi, non è un particolare secondario...
In pratica mi sono trovato spesso a camminare contromano, (con la netta sensazione di venire preso di mira da piccoli kamikaze con gli occhi a mandorla, abilissimi nello scansarsi a vicenda, ma che facevano di tutto per venirmi addosso) prima di prendere l'abitudine di cambiare lato.
Tendenza che mi è venuta naturale quando ormai avevo abbandonando la capitale, ma che ho scoperto non essere così rigida in altri luoghi giapponesi. In pratica, ogni volta che cammino in un psto abbastanza popoloso, gli attacchi dei kamikaze continuano...
La storia della mia vita: l''uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato...


Ito
Ito è una cittadina che si trova sulla costa della penisola Izu, una zona ideale per una bella pedalata. Approfittando di una delle rare giornate di sole, decido di usare la bici: vado all'ufficio del turismo, chiedo dove posso noleggiane una, e mi indicano un negozio a due passi da lì, dicendomi che apre alle 9 (in questo momento sono le 9:02, quindi è sicuramente aperto, vista la puntualità maniacale dei nipponici). Mi reco lì davanti, e l'insegna (in italiano) promette bene: “Goloso”; a giudicare dai cartelloni, oltre ad affittare bici è anche una gelateria.
Peccato solo che sia chiuso.
Aspetto qualche minuto, e torno all'ufficio del turismo (è lì di fianco) chiedendo se per caso fosse il giorno di chiusura. La ragazza è imbarazzata, mi dice che il posto è sicuramente aperto, e (in maniera molto cauta) mi chiede se ho verificato bene che fosse effettivamente chiuso. Alla mia risposta affermativa, decide di accompagnarmi per controllare di persona. Cosa che avviene: la ragazza è sconvolta, torna in ufficio (io che divertito le trotterello dietro) e si attacca al telefono. Dopo qualche minuto si prostra in mille scuse, dicendomi che il negozio DOVEVA essere aperto, ed è inspiegabile che nemmeno telefonicamente riesca a contattare qualcuno. La tipa è costernata, non riesce a capacitarsi di una tale inefficienza.
Io la guardo sorridendo e flemmatico le dico: “sarà per questo che hanno un nome italiano...”


Tokyo2
Piove e fa freddo; è tutto il pomeriggio che cammino per Tokyo: sono bagnato fradicio, ho fame e voglio qualcosa di caldo!
Ad un certo punto, in una viettina pittoresca piena di bancarelle e negozietti nella zona di Ueno, vedo un assembramento di persone che fanno la fila per comprare delle bottigliette che emergono da un pentolone. Intuisco che si tratta di bottigliette di sakè caldo: figata !
Faccio la coda, compro la mia dose (300ml) ed il pusher mi fornisce anche di uno sgabellino sotto la tettoia dove posso comodamente assaporare questo nettare bollente: buono, caldo e... decisamente forte! Finita la dose, mi rialzo barcollante dallo sgabello: sono mezzo ubriaco!!! Devo assolutamente mangiare qualcosa.
Qualche bancherella più avanti, una vecchietta vende patate dolci (intere) alla griglia: figata2 !!
Avete mai mangiato una patata dolce alla griglia? È una delle cose più buone del mondo!!!
Malgrado sia ustionante, la divoro con immensa soddisfazione; e recuperata un po' di lucidità, decido che la mia dipendenza dal sakè è già finita, mentre quella dalla patata (soprattutto se bella calda e dolce) decisamente continua... 😉