giovedì 18 agosto 2016

Italia in bici 2016


Dal 5 giugno al 15 luglio 2016, attraversando Piemonte, Liguria, Corsica, Sardegna, Campania, Basilicata, Puglia, Molise, Abruzzo, Marche, Umbria, Romagna, Veneto, Lombardia

in totale 40 giorni, 3500 km, 12 regioni visitate (più la Corsica)


legenda:
BICI
TRAGHETTO


Foto




martedì 21 giugno 2016

Basta un po' di organizzazione...

13 giugno 2016, ore 21: esordio dell'Italia agli Europei di calcio.
Mi sono fissato l'appuntamento (così come le date e gli orari delle altre partite degli azzurri) già prima di partire per il lungo giro in bici che nel giro di una quarantina di giorni mi porterà a zonzo per l'Italia.
Organizzazione, innanzitutto!
Non sia mai che mi perda una partita di calcio importante solo perché sto pedalando.
La mattina sono a Stintino; conto di fermarmi per la sera ad Alghero, che dista circa 70 km.
Ho fatto una abbondante colazione al B&B, quindi sono carico di energia, e per pranzo penso di accontentarmi di un po' di roba che mi è avanzata dalla Corsica (taralli, biscotti, ciliegie) e poi di darci dentro la sera guardando la partita (organizzazione!).
Parto con calma dopo una sosta ad una lavanderia self-service, e verso le 11 sono in sella.
Dopo una cinquantina di km arrivo ad un bivio: Capo Caccia 8 km a destra, Alghero 18 km a sinistra. Ecchediamine, è ancora presto: andiamo a vedere 'sto Capo...

Porto Conte
Arrivo così nel golfo di Porto Conte, ed in particolare in una insenatura con acqua cristallina, piccola spiaggia e bar. Non ho ancora fatto un bagno da quando sono partito, la tentazione è troppo forte: carpe diem, e Drino in acqua!
L'acqua è freddina, ma dopo un po' ci si abitua, e la location è paradisiaca (vedere foto).




Esco, mi asciugo con calma, mangio un gelato al bar (avevo già fatto fuori in precedenza le mie “abbondanti” vettovaglie), e rimango ad ascoltare un dialogo fra un gruppo di signori di Bercellona ed il barista. Dialogo che si svolge in catalano. Incuriosito domando al ragazzo se avesse vissuto a Barcellona per imparare così bene la lingua, e lui mi risponde che non era mai stato in Spagna, e che stava parlando nel dialetto di Alghero! Un lascito della dominazione di qualche secolo fa: il dialetto locale è il catalano...

Con tutta calma riparto per Alghero. L'influenza spagnola è evidente nei nomi delle vie e dei quartieri di questa bella cittadina, che perlustro in bici, ma che alla fine decido di lasciare puntando ad una sistemazione lungo la strada costriera. In fondo è ancora relativamente presto (sono le 18:30), la giornata è splendida, la temperatura è ideale, e pedalare ancora per qualche km a ridosso del mare mi sembra un'ottima idea...

Appena imbocco la strada litoranea vedo un cartello stradale: Bosa 44 km. Il prossimo paese non è vicino, ma non ho intenzione di arrivare fino a lì: inizio ad essere un po' stanco e ad avere un po' di fame (il pranzo è stato molto leggero) e già pregusto un agriturismo al massimo fra una decina di km, oppure un B&B con annesso ristorante o, perché no, un campeggio dotato di pizzeria a due passi dal mare. Insomma, giusto il tempo di arrivare, farmi una meritata doccia e farmi una sontuosa mangiata guardandomi Italia-Belgio.
Nel frattempo la strada è bellissima, ma decisamente dura. Alternando strappi impegnativi a ripide discese, il percorso tende gradatamente a salire di quota. La vista è incantevole: mi ricorda la parte più selvaggia della Corsica, paragone avallato ulteriormente dal fatto che non c'è nessuna abitazione nei paraggi.
Ed intanto il tempo passa, e la fame aumenta, e le energie – di conseguenza – diminuiscono.
Arrivano le 7, poi le 7:30, poi le 8. Strada deserta, nessun edificio.
Le ombre si allungano sull'asfalto, proiettando un'immagine gigantesca delle borse che sto trasportando, quasi a simboleggiare il loro peso sempre più insostenibile.
Ho fame, e voglio vedere la partita... cazzo! Mi bastava rimane ad Alghero... quasi quasi torno indietro... ma no, dai, ci sarà almeno un ristorante sulla strada prima o poi, con tanto di megaschermo. Inizio a pensare alle possibili situazioni: dormire è l'ultimo dei problemi, posso piantare la tenda da qualche parte (si, ma dove? ai lati della strada ci sono solo rocce, e per di più a precipizio), oppure infilarmi nel sacco a pelo in una delle piazzole di sosta che ogni tanto si allargano nei punti più panoramici (nella speranza che una coppietta in cerca di intimità non mi schiacci con la loro auto...). La priorità è mangiare, perché se non incamero un po' di energie qui non vado più avanti.
Quindi continuo a visualizzare il ristorante dei miei sogni, immaginandomi anche come mi comporterei una volta entrato: prendo un tavolo davanti alla tv, ordino, poi vado in bagno a darmi una rinfrescata alla bell'e meglio, e quando esco (fresco e riposato...) la tavola è già imbandita e gli inni nazionali risuonano nell'aria...
In sostanza pedalando faccio girare contemporaneamente le 2 ruote e gli ultimi 2 neuroni che mi sono rimasti: in pratica sono un 4WD...
Sono in preda a questo delirio onirico quando la strada inizia finalmente a scendere: la velocità sale notevolmente, ed i km che mancano a Bose diventano sempre di meno. Verso le 21 dovrei arrivare lì, giusto in tempo per la partita.

Alla 20:40 l'apparizione: Area Sosta Camper con Ristorante/Pizzeria in posizione molto panoramica, a picco sul mare. Mi fiondo nel locale:
“siete aperti?”
Si
“fate vedere la partita?”
Si
“non ho un camper, ma una bici con la tenda: posso piantarla da qualche parte?”
Dove preferisci
“Ti voglio bene, fratello sardo...”

In 20 minuti monto la tenda (vedere foto), faccio la doccia in una spartana cabina lì all'aperto e al fischio d'inizio sono con le gambe sotto il tavolo.
A volte i sogni (o i miraggi) si avverano. Quasi completamente: il megaschermo era in realtà un vecchio (tubo catodico) Telefunken da 14”. Se non altro era a colori...  : )

PS: per la successiva partita dell'Italia (venerdì 17 contro la Svezia) che era programmata per le 15, alle 14 ero già davanti ad un megaschermo (vero, questa volta) con tanto di birra in mano.
Basta un po' di organizzazione...

martedì 23 febbraio 2016

Siam - appunti di viaggio




Un minibus stracarico che zigzaga fra le buche di una strada che, malgrado sia in uno stato pietoso, rappresenta l’unica via di collegamento; quindi densa di ogni tipo di mezzo di trasporto: auto, motorini, bici, camion, bus, mezzi agricoli, oltre che pedoni e animali.

La strada attraversa una miriade di piccoli villaggi, costellati da tantissimi bambini che giocano felici e spensierati, come è giusto che sia.

Dove mi trovo?

In questo  momento in Laos, ma potrei benissimo essere in Bolivia o in Lesotho…

È affascinante questa somiglianza di posti così lontani, dato che  non è dovuta alla globalizzazione ma alla povertà: c’è una importante via di collegamento ed è “naturale” che la maggior parte delle attività, in mancanza di alternative, ruoti intorno ad essa. 


Ci sono tornato volentieri in Laos, a distanza di 4 anni: ho ammirato paesaggi e pagode, gente sorridente. Ma ho anche constatato come qualcosa sia cambiato rispetto al recente passato. Più modernità, innanzitutto: internet ovunque, tutte le persone del luogo “armate” di smartphone; anche se qualcuno, per ragioni meramente economiche, è ancora costretto ad indossare l’abito tradizionale e a recitare la parte del tribale per accontentare i tour operator che scorrazzano mandrie di turisti desiderosi di vedere con i propri occhi qualcosa di anacronistico (e completamente falso, aggiungo io). 

Nel Nord del paese la vicina Cina è sempre più presente: andando a Luang Nam Tha mi sono trovato  una città moderna con edifici di nuovissima costruzione là dove la mia Lonely Planet (del 2007) parlava di villaggio…


Nel raggiungere questo ex villaggio mi è capitato un piccolo incidente.

Gli “incidenti” fanno parte dei viaggi: senza intoppi viene a mancare quel brivido di imprevisto che, a posteriori e una volta che le cose si sono aggiustate, possono trasformare una parte del viaggio in una avventura (l’importante è che ci sia il lieto fine…). A volte, purtroppo, gli incedenti possono essere anche stradali (ok, può succedere anche in tangenziale a Milano andando in ufficio, ma in questo caso perde un po’ di poesia…Emoji ) come mi è successo andando a Luang Nam Tha.

Minibus con conducente dalla guida un po’ allegra, strada di montagna, l’autista prende una curva interna un po’ troppo larga, dall’altra parte arriva un auto che invece stringe un po’ troppo e… SBAM! Fortunatamente non un frontale ma un urto laterale. Nessun danno alle persone, i veicoli hanno un po’ di ammacchi ma possono proseguire, ma il problema è che l’altra auto è guidata da cinesi che non parlano laotiano (unica lingua conosciuta dal nostro autista). I cinesi parlano in (ottimo) inglese con noi (turisti a bordo del pulmino) dicendo che a loro giudizio è un concorso di colpa e se ognuno si paga i suoi danni va bene così. L’autista, col quale anche noi comunichiamo a gesti, però molto probabilmente rischia di perdere il posto se accetta questo compromesso, e quindi chiama qualcuno al telefono e ci fa segno di aspettare. Io approfitto di questa attesa per andare a parlare con i cinesi, incuriosito di conoscerne qualcuno al di fuori dell’Italia. In questo caso si tratta di gente sui 30 anni, con vestiti firmati ed auto di lusso, che vive in Cina, che è in vacanza in Laos, e che deve l’ottima conoscenza dell’inglese al fatto che hanno studiato negli USA, dove hanno acquisito una “american attitude” (definizione – azzeccata - di una americana che viaggiava con me) e che sono tornati in patria per fare i dirigenti.

Insomma, niente a che fare con quelli “milanesi” di esportazione, che partendo da via Paolo Sarpi stanno pian piano comprando tutta la città, forse favoriti dal fatto che non muoiono mai…

Questi rappresentano la nuova generazione, quella che ha sostituito la falce ed il martello con lo smartphone e la carta di credito. Gli unici al mondo che hanno le potenzialità per di far crollare questa grande potenza… Emoji

Tornando all’incidente, in soccorso del nostro autista arrivava una ragazza della assicurazione, ma neanche lei parla inglese, e quindi la situazione non si sblocca, fino a che non si ferma un tizio thailandese che parla sia laotiano che cinese, e facendo da interprete riesce a far raggiungere un accordo alle parti. Mitico, probabilmente al suo paese fa il giudice a Forum…

Insomma, da incidente stradale rischiava di trasformarsi in incedente diplomatico fra Cina e Laos, ma l’intervento della Thailandia ha risolto la situazione…



Anche in Vietnam ho avuto un piccolo inconveniente, a Da Lat.

Noleggio la bici per andare a vedere la cascata dell’Elefante, una escursione tranquillamente fattibile in giornata. Dopo un po’ di km di piacevole strada in mezzo al bosco, mi si affloscia il davanti (nel senso di gomma della bicicletta…Emoji ): ho bucato! Ovviamente non ho una camera d’aria di scorta od un kit di riparazione, e la zona è disabitata. Non mi resta altro che incamminarmi (spingendo la bici) e tornare a Da Lat, sperando di trovare un passaggio. Cosa che dopo una mezzoretta avviene: un vietnamita si ferma e mi fa caricare la bici sul suo camioncino. Il tipo non parla una parola di inglese, però qualche km prima del centro del paese si ferma e mi indica un meccanico. Io, che pensavo di riportare la bici dal noleggiatore e prenderne un’altra (con il rischio che questo non ne abbia più, o che faccia storie), valuto che se invece faccio aggiustare la gomma adesso impiego meno tempo, e posso continuare il mio giro. Andata!

Il posto è una officina di riparazione di motorini, ma il tizio si dimostra ferrato su come aggiustare la camera d’aria di una bicicletta (sempre ruote sono…) anche se non sta mungendo una mucca (auto-citazione della riparazione alla foratura di un paio di anni fa in Costarica)

In realtà il buco si rivela essere una precedente riparazione che non tiene più (la camera d’aria risulta essere decisamente “vissuta”), ed il meccanico la aggiusta sovrapponendo una nuova pezza a quella già esistente. Non proprio il massimo della vita, ma non ho alternative (se torno fino al negozio, mi sono giocato mezza giornata, e addio cascate); ma sono consapevole di essere in sella ad una “bomba ad orologeria”. Confido che il rimedio regga per un po’ di km, prima di cedere nuovamente; o che addirittura non ceda proprio. Pago il tizio, che mi chiede 10000 Dong, circa 40 centesimi di Euro… io faccio il brillante e gliene lascio altrettanti di mancia…

Ovviamente il rimedio cede. Che ci volete fare: errare è umano, perseverare è… Drino.
Però nel frattempo sono riuscito ad arrivare alla cascata e a fare un  po' di foto, oltre che un po' di km in bici. quindi l'obiettivo della giornata è raggiunto, alnche se a distanza di qualche ora mi ritrovo nuovamente sul ciglio della strada con la gomma a terra.
Questa volta mi raccatta l'autobus locale, un veicolo da una ventina di posti: mi fanno tranquillamente mettere la bici sul corridoio e mi riportano a Da Lat. Io, unico occidentale a bordo, mi sonto addosso gli occhi di tutti: da turista mi ritrovo ad essere una attrazione turistica...