martedì 14 aprile 2009

Però, questi francesi…

È dalla testata di Zidane a Materazzi che i francesi hanno iniziato a starmi simpatici; non perché abbia nulla contro Materazzi, ma perché quel gesto sconsiderato ci ha fatto vincere il Mondiale… vabbè, storia di quasi 3 anni fa.
Molto più recenti, ma sempre inerenti con la Francia, sono invece un paio di incontri che ho fatto in SudAmerica. In entrambi i casi si tratta di una coppia di transalpini, ragazzo e ragazza, di 25 anni. La prima coppia l’ho incontrata in Bolivia, durante il tour del Salares di Uyuni; la seconda in Uruguay, mentre facevano autostop, e li ho caricati in auto.

I primi erano entrambi laureati in ingegneria, lavoravano già da 2 anni quando hanno deciso che quel lavoro non faceva più per loro: si sono licenziati e sono partiti per il SudAmerica per stare in giro 10 mesi, di cui 3 lavorando in Perù con un impiego che avevano raccattato prima di lasciare la Francia. Questi ragazzi hanno mollato un lavoro “sicuro” (per quanto un lavoro possa definirsi sicuro di questo tempi…) con contratto a tempo indeterminato, per andare a fare una esperienza di vita che nessun impiego può darti. Se io fossi (cosa che non accadrà mai…) il responsabile delle risorse umane di qualche azienda, leggendo un CV terrei molto più in considerazione una esperienza di questo tipo, piuttosto che un qualsiasi Master. Quello che si impara ad un Master, lo si trova sui libri; viceversa viaggiare ti lascia un insegnamento che nessuno è in grado di fornirti, ma che anche in ambito lavorativo si può rivelare utilissimo, in termine di rapporti con le persone, gestione dei problemi, decisioni da prendere…
Spero tanto che i figli dei miei amici e i miei nipotini, in futuro sfruttino le opportunità per viaggiare già dalla scuola: andando a studiare all'estero un anno alle superiori, e approffitando del programma Erasmus all'Università. E' il modo migliore per imparare una lingua e soprattutto per crescere. E se poi appena finita l'Università riescono a fare un ulteriore anno di viaggio/lavoro tanto meglio (ad esempio in Nuova Zelanda fino ai 30 anni è possibile chiedere un visto particolare della durata di 12 mesi che consente di fare qualunque tipo di lavoretto: dal barista all'allevatore in fattoria, per un periodo che è totalmente a tua discrezione. Un paio di anni fa in NZ ho incontrato molti ragazzi che lavoravano qualche settimana in un posto, mettevano via qualche soldino, viaggiavano per qualche settimana e poi ricominciavano a lavorare. Fantastico!) 

I componenti della seconda coppia non so se fossero laureati, ma presumo di si; non so se già lavorassero (ma anche qui presumo di si); però so quanto stavano in giro: 2 anni (lo scrivo anche in cifre, come sugli assegni: due anni), appoggiandosi alla seguente organizzazione: WWOOF - World Wide Opportunities on Organic Farms (esiste anche il sito italiano http://www.wwoof.it/it/aboutit.html). A prescindere dalla tipologia di lavoro, una organizzazione di questo tipo offre la possibilità di viaggiare in tutto il mondo in modo economico ed allo stesso tempo di dare un aiuto dove è richiesto e dove se ne presenta la necessità.
La cosa più incredibile è che per arrivare in SudAmerica (e anche per tornare in Europa) non hanno preso aerei, ma mezzi terrestri e nave, cercando più possibile di fare autostop (è appunto così che gli ho conosciuti) e addirittura “navestop”, cioè dal Senegal si sono imbarcati come mozzi su una nave che li ha portati ai Caraibi, e da lì, sempre in “navestop” sono arrivati in Venezuela (tipo quello che racconta in uno dei suoi primi film un personaggio di Verdone : “mi imbarcai su di un cargo battente bandiera liberiana; cosa trasportasse, non l’ho mai saputo…”). Ci hanno messo 4 mesi per arrivare in Uruguay dalla Francia.

Io ho la fortuna, da 4 anni a questa parte, di fare qualche viaggetto ogni tanto. Il che significa andare all’aeroporto di Milano, prendere un aereo per tot ore (con la speranza di trovare vino decente e qualche buon film per allietare il volo) e, una volta arrivato a destinazione, iniziare a viaggiare.
Per questi ragazzi francesi l’avventura è iniziata appena sono usciti di casa.
Chapeau

domenica 5 aprile 2009

Uruguay

L’Uruguay non era contemplato nel mio viaggio; poi, grazie al consiglio di un paio di amici, al fatto che avevo tempo e che da Buenos Aires in meno di un’ora si arriva in territorio uruguagio, eccomi a raccontare di questo nuovo (per me) Paese.
Caratteristica principale degli uruguaiani è che sono i maggiori bevitori mondiali di mate, bevanda tipica sudamericana, la cui preparazione segue quella del tè: in un speciale contenitore si mettono in infusione in acqua bollente per qualche minuto le foglie del mate essiccate, tagliate e sminuzzate e si beve filtrando con una speciale cannuccia. Beh, almeno la metà di questa popolazione, senza distinzioni di sesso, età, classe sociale, va in giro (a piedi, a cavallo, in bici, in auto, in bus) tenendo sottomano il thermos con l’acqua calda e il contenitore per bere il mate. Vi giuro che ci sono più thermos per le strade uruguaiane che cellulari da noi…

Inizialmente avevo dedicato solo 2 giorni a questa Nazione, ma poi, attraversandolo in autobus ed ammirandone i tranquilli panorami (verdi colline a perdita d’occhio, tipo Irlanda), mi è venuta voglia di noleggiare un’auto e di guidare per una settimana per questi rilassanti paesaggi. Anche perché, a differenza di molti altri Paesi sudamericani, qui le distanze non sono proibitive; stiamo parlando di uno Stato che, con i suoi  176220 km2è poco più grande della metà dell’Italia.
Ho incominciato dall’entroterra, risalendo il confine con l’Argentina: pianure alternate a colline piene di pascoli e cavalli in libertà; tra l’altro questa zona è ricca di sorgenti termali: cosa c’è di meglio di un bagno termale al temine di una giornata al volante? Spostandosi, ma rimanendo sempre lontano dalla costa, si arriva in bellissime zone (sempre colline, pascoli, fattorie) dove la gente usa più il cavallo dell’auto, ma dove il turismo è qualcosa di sconosciuto: ho avuto seri problemi per trovare da dormire. Una volta ho dormito in auto.
Un’altra ero ormai rassegnato a dormire in macchina, quando appena fuori da un paesino, ho visto la scritta Motel. La speranza che si trattasse di una catena di Motel “familiari” (tipo Motel-6 o Motel-8 negli USA) si è subito infranta quando, entrando in auto, mi sono imbattuto in una colonnina per l’ordinazione (tipo drive-through di McDonalds) che riportava il tariffario: tipologia di camera (da basic a suite) e durata (1, 2, 3 ore o tutta la notte). Riporto quanto segue, ignorando (ammetto le mie colpe…) se anche in Italia i Motel funzionano nella stessa maniera: al telefono della colonnina ho dichiarato le mie scelte (basic e tutta la notte), mi hanno dato un numero di camera e le indicazioni per raggiungerla. Di fianco alla stanza c’era il posto auto coperto dotato di tenda per nascondere il veicolo da occhi indiscreti; dal parcheggio si entra direttamente in camera, dove si paga attraverso uno spioncino ad altezza ombelico dal quale è impossibile vedere ed essere visti. In teoria nessuno ha notato che ero da solo, quindi avendo pagato per tutta la notte, ho fatto bella figura…
La camera era dotata di bagno, lenzuola pulite, televisione (TV satellitare, ma niente canali porno: mi sa che dovevo prendere una suite…). Mi sono guardato Batman Begins sottotitolato in spagnolo, poi una partita NBA, e poi mi sono addormentato felice avendo come ninnananna in sottofondo i gemiti ed i sospiri che provenivano dalle stanze vicine.
La mia prima notte in Motel…

Dirigendomi poi verso la costa, il problema di trovare alberghi/ostelli è sparito: sul mare c’è una densità impressionante di hotel, fino ad arrivare a Punta del Este, probabilmente il luogo di villeggiatura più famoso di tutto il SudAmerica: è praticamente la MonteCarlo dell’America Latina. Devo dire che ero molto prevenuto su Punta, ed invece mi è piaciuta: spiagge notevoli, praticamente deserte (non è alta stagione, ma sicuramente a Pasqua sarà un carnaio) e, soprattutto di notte, è bella vera. Un connubio felice fra cemento e natura.
A parte il fatto che, come in tutto il Paese, si mangia da dio (sapete che il cibo è un mio pallino): la carne, visti gli abbondanti pascoli, è a livello di quella argentina, ed anche qui la griglia (parilla) la fa da padrona; però anche il pesce è eccellente (e detto da un carnivoro come il sottoscritto, è tutto dire…).
Ma soprattutto a Punta mi sono imbattuto nel gelato più buono del mondo: la gelateria El Faro fà un prodotto che dà dei punti a Grom. Mi sono concesso i seguenti gusti: cioccolato amaro con scorze d’arancia abbinato con dulce de leche. Divino!
Meglio di una notte al Motel…